In relazione alla possibile introduzione di un’imposta sui servizi digitali riportiamo qui di seguito la posizione che Netcomm sta sostenendo a livello nazionale ed europeo.
La complessità della materia richiede un approccio cauto ed armonizzato a livello internazionale, occorre infatti evitare iniziative unilaterali da parte dell’Italia perché potrebbero rivelarsi dannose per l’economia nazionale.
L’imposta che si vorrebbe introdurre rischia di non portare i benefici sperati a livello di introiti rivelandosi al contrario una tassa recessiva.
L’imposta sui servizi digitali (art. 84): criticità e proposte.
Ferma restando, a nostro avviso, l’assoluta necessità di una iniziativa armonizzata a livello internazionale, essenziale per non creare disequilibri e distorsioni, e ribadendo il nostro apprezzamento nei confronti dell’approccio adottato dall’OCSE, riteniamo importante nell’interesse del Sistema Paese attendere l’esito dei negoziati internazionali, tenuto conto del fatto che stanno procedendo celermente e che presto si raggiungerà un accordo condiviso.
La proposta di tassazione dell’economia digitale, così come è scritta, rischia di produrre nuovi squilibri, con possibili ripercussioni negative per molte imprese italiane che utilizzano i servizi digitali per offrire beni e servizi a livello globale. Riportiamo di seguito le nostre considerazioni sul testo attuale dell’art. 84 del disegno di legge di bilancio 2020 e le nostre proposte di modifica.
A. Un’imposta sulle PMI Italiane e sull’Export.
Sebbene la norma (di cui all’art. 84, comma 1, lettera c)) intenda introdurre principi di equità fiscale per transazioni aventi ad oggetto servizi digitali, tali disposizioni vengono a ricadere, di fatto, sulle imprese (Sellers) – la maggior parte delle quali italiane – che operano attraverso i vari intermediari (Marketplace) per offrire i propri beni e servizi online.
L’imposta del 3% graverà inevitabilmente sulle imprese che si avvalgono di questi intermediari, rappresentando per le stesse un costo, laddove gli operatori dei marketplace tendano a trasferire l’imposta sui propri utenti. Così come attualmente scritta, l’imposta è ascrivibile ad una tassa recessiva o deflativa, che graverebbe soprattutto sulle PMI, piccole e medie imprese che si avvalgono di player Over The Top come “vetrina” per offrire i propri beni e servizi, in Italia e all’estero, con gravi ripercussioni anche sull’export dei prodotti Made In Italy commercializzati proprio dalle piccole imprese. Traducendosi in un costo aggiuntivo per le imprese che si avvalgono di Marketplace per intermediare la vendita di beni e servizi, ciò comporterà l’ulteriore conseguenza della contrazione dei volumi realizzati, con conseguente riduzione del gettito, in termini di IRES e IVA
B. Pubblicità.
Con riferimento al mercato pubblicitario, rileviamo che solo una parte residuale è rappresentato dalla vendita diretta di pubblicità da parte dei big player, nella maggior parte dei casi tale attività è svolta da imprese, Web-Agency, che operano con margini ridotti; tali imprese nazionali potrebbero essere impattate dalla norma direttamente, se i ricavi delle loro attività superano la soglia di esenzione, oppure indirettamente – quando i ricavi delle loro attività sono al di sotto della soglia di esenzione – per effetto dell’eventuale aumento del costo dei servizi pubblicitari da parte dei big player. L’imposta potrebbe pertanto avere un impatto negativo sul settore penalizzando tali realtà.
C. Rischio di discriminazione a livello europeo.
Nella sua attuale formulazione (di cui all’art. 84, comma 1, lettera n)), la disposizione prevede che l’abrogazione della norma nazionale si verificherà (automaticamente) al momento dell’entrata in vigore delle disposizioni che deriveranno da accordi raggiunti nelle sedi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale e non dal momento del raggiungimento dell’accordo in sede OCSE. L’eventuale ritardo nell’attuazione della norma internazionale potrebbe determinare quindi una duplicazione dell’imposta a discapito delle imprese. Inoltre, sempre in vista dell’emanazione della norma internazionale, è necessario che siano chiariti altresì eventuali adempimenti da osservare nel periodo intercorrente tra la caducazione della norma nazionale e l’entrata in vigore delle disposizioni stabilite dalla comunità internazionale.
D. Rischi per la privacy.
Il criterio introdotto nella disposizione (di cui all’art. 84, comma 1, lettera e)) contrasta nettamente con la normativa in materia di trattamento dei dati personali. Attualmente il trattamento dei dati di posizionamento dell’utente (indirizzo IP) presuppone il consenso informato da parte dello stesso e la
possibilità di opporsi. Il criterio introdotto dalla norma, invece, pone le imprese nella condizione di dover necessariamente tracciare i propri clienti al fine di localizzarli e determinare se l’operazione sia o meno soggetta ad imposizione, ciò con evidente contrasto dei basilari principi in materia di trattamento del dato.
Le proposte di Netcomm.
Alla luce di quanto sopra, in rappresentanza del settore del commercio digitale e nell’interesse del Sistema
Paese, auspichiamo vivamente che il legislatore valuti seriamente le osservazioni sopra esposte e proceda
alla revisione delle disposizioni interessate, tenendo conto delle specificità del mercato digitale.
1. Proposta di modifica art. 84, comma 1: si propone la modifica dell’attuale impianto normativo, al fine di evitare che l’imposizione dell’imposta per le attività svolte mediante intermediari per la vendita di beni e servizi (marketplace) e per i servizi pubblicitari possa risultare un ulteriore onere, quindi un
ulteriore aggravio di costi, che si tradurrà, inevitabilmente, anche in una riduzione della competitività delle PMI nazionali, che si avvalgono dei servizi digitali, in Italia e all’estero, con un effetto recessivo per tutto il sistema industriale italiano.
2. Proposta di modifica art. 84, comma 1, lettera n): si propone l’abrogazione delle disposizioni di cui alla presente legge al raggiungimento degli accordi nelle sedi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale e non al momento dell’entrata in vigore degli stessi nel nostro ordinamento, ciò al fine di evitare che eventuali ritardi nell’adeguamento della normativa internazionale possano determinare asimmetrie per le imprese nazionali.
3. Proposta di modifica art. 84, comma 1, lettera e): si propone l’abbandono del criterio di localizzazione mediante indirizzo IP e l’individuazione di un differente criterio da stabilirsi di concerto con l’Autorità nazionale Garante per la protezione dei dati (Garante Privacy).
4. Proposta di integrazione: si propone di demandare ad un successivo decreto ministeriale l’attuazione della presente norma al fine di facilitare l’adeguamento della stessa alle proposte indicate e l’integrazione dei chiarimenti che si rendono necessari.
Scarica il documento con la posizione di Netcomm sull’Imposta sui Servizi Digitali