Lo scorso 15 novembre Ecommerce Europe, EuroCommerce e Independent Retail Europe hanno presentato i risultati di uno studio sulla “Digital Fairness in Online Retail“. Lo studio, condotto dal Prof. Dr. Jürgen Kühling e dal Sig. Cornelius Sauerborn, conclude che l’attuale quadro normativo è per lo più adeguato a garantire la correttezza digitale e non è necessaria una profonda revisione delle norme esistenti per affrontare le preoccupazioni legate ai ” dark patterns”. Lo studio propone piuttosto una serie di raccomandazioni incentrate su un’applicazione più rigorosa delle norme vigenti e su adeguamenti graduali.
Lo studio ha valutato i casi di cosiddetti “dark patterns“1 sollevati inizialmente dalla Commissione europea e dalle organizzazioni dei consumatori, valutando quali di questi casi si verificano più frequentemente nel commercio online e come le leggi dell’UE attuali potrebbero affrontarli in modo efficace.
Negli ultimi anni, i “dark patterns” e la correttezza digitale hanno attirato l’attenzione dei legislatori europei, che hanno cercato di modificare la normativa UE generale sui consumatori, applicabile a tutti i commercianti, inclusi 3,5 milioni di rivenditori europei. Tuttavia, gli esempi più problematici generalmente riguardano altri settori oltre al retail. Ciò potrebbe portare all’introduzione di restrizioni inutili per i rivenditori, limitando l’innovazione e la concorrenza nel settore, nonché riducendo la scelta e l’accessibilità dei prodotti per i consumatori europei.
Le tre associazioni hanno sottolineato, durante l’evento di lancio, che l’UE dispone già del più alto livello di protezione dei consumatori. Leggi come il GDPR, la Direttiva e-Privacy, l’AI Act, il DMA e il DSA garantiscono la protezione dei consumatori online. Inoltre, il principio generale della UCPD (Direttiva sulle pratiche commerciali sleali) funge da rete di sicurezza completa. L’interazione tra queste leggi affronta efficacemente i “dark patterns”. Piuttosto che una nuova regolamentazione, le tre associazioni chiedono un’applicazione più efficace ed efficiente delle norme esistenti per garantire una protezione adeguata ai consumatori.
Un’ultima osservazione dello studio riguarda la proposta di alcuni stakeholder di invertire l’onere della prova dal consumatore al commerciante riguardo alla veridicità di una dichiarazione. Lo studio ha evidenziato che tale misura comprometterebbe i diritti fondamentali dei commercianti in questo specifico contesto.
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1Definiti nello studio come “un tipo di interazione, online o offline, mirata ai consumatori e volta a sfruttare oggettivamente il comportamento umano al fine di favorire unilateralmente gli interessi del commerciante senza considerare gli interessi del destinatario, indipendentemente dal perseguimento di interessi pubblici”.